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SCLERODERMIA: DIAGNOSI PRECOCE E ASCOLTO – Le richieste dei pazienti nel libro bianco

Un volume con le richieste, le difficoltà e le priorità segnalate dai malati per contrastare la sclerodermia, patologia rara ma dai numeri elevati. Presentato oggi nella Sala Thatarella della Camera dei Deputati, il “Libro bianco sulla sclerodermia, Storie di malattie tra presente e futuro”, è un progetto editoriale realizzato da Fortune Italia a cura del giornalista Claudio Barnini, con il contributo non condizionante di Johnson&Johnson. Il volume affronta la malattia nel dettaglio con tutte le sue implicazioni e fornisce uno strumento di supporto per pazienti, familiari e stakeholder istituzionali. C’è infatti la necessità di sensibilizzare i cittadini, aggiornare gli esperti e invitare le aziende farmaceutiche ad investire nella ricerca e nella messa a punto di nuovi farmaci efficaci. La sclerodermia è una malattia autoimmune del tessuto connettivo dall’andamento cronico che coinvolge la cute, il sistema vascolare e gli organi interni, in particolare esofago, tratto gastroenterico, polmoni, cuore e reni. Al momento non esiste una terapia che porti alla completa guarigione. La genesi della patologia è multifattoriale ma con una base genetica, si verifica con una frequenza mediamente sette volte maggiore nelle donne. Sono circa 30mila gli italiani colpiti, a tutte le età, con un picco tra i 30 e i 50 anni. L’obiettivo del libro, ha spiegato Barnini, “è parlare della patologia attraverso il racconto delle persone. Chi è colpito da una malattia rara è un malato come un altro, non è un malato di Serie B“. Il libro bianco è quindi “una fotografia della malattia, al centro ci sono tutti gli attori coinvolti: pazienti, familiari, medici, istituzioni, chi fa comunicazione”.

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Luciano Ciocchetti, vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera, ha promesso l’impegno delle Istituzioni sull’argomento: “Occorre lavorare per dare risposte univoche su tutto il territorio nazionale, la formazione è quindi fondamentale. La patologia investe sia la qualità di vita, che la psicologia del paziente, il quale invoca risposte. Servono dunque PDTA (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali) unici”. Da parte della Commissione, ha assicurato Ciocchetti, “c’è massima disponibilità anche sull’uso di farmaci innovativi e terapie avanzate. Il primo passo lo facciamo con questa Manovra, con cui allarghiamo il fondo ai farmaci innovativi. Lavoriamo anche sulle terapie one shot, che hanno un costo significativo ma potrebbero essere pagate durante lo sviluppo della terapia e non solamente all’inizio. Con la Ragioneria – ha concluso il parlamentare – pensiamo a come fare un pagamento differito nel tempo”.

Grazie alle diagnosi più precoci, ha aggiunto Serena Guiducci, professore associato di Reumatologia all’Università degli Studi di Firenze, “oggi i numeri dei pazienti colpiti dalla malattia stanno aumentando. Quando iniziai a studiare la sclerodermia seguivo una paziente che ora è deceduta. Mi pregò di seguire la malattia affinché i futuri pazienti non raggiungessero le sue condizioni: la fibrosi le aveva preso gli organi interni, alla fine aveva difficoltà respiratorie”. Oggi bisogna cambiare la percezione: “Vediamo anche persone molto giovani colpite – ha sottolineato – si sente parlare spesso di persone che lamentano di avere le mani fredde, dobbiamo far capire loro che potrebbe essere una patologia che va seguita nel tempo”.

Secondo Dilia Giuggioli, professore ordinario Dipartimento di scienze mediche chirurgiche materno infantili e dell’adulto all’Università di Modena e Reggio-Emilia, davanti ad un malato “abbiamo due obiettivi: fare una diagnosi precoce e valutare l’impegno d’organo. Il problema è che abbiamo un ritardo sulla diagnosi in media di 2-5 anni e sull’impegno di rene e cuore di 4 anni”. Quindi, ha osservato la docente, “c’è un gap tra le conoscenze scientifiche e la realtà di tutti i giorni. Il medico di famiglia è fondamentale, ma serve una formazione diversa, va estesa a tutte le figure sanitarie perché sono tutti importanti per l’accoglienza del paziente”.

Marco Vicenzi, professore associato di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università degli Studi di Milan, ha ricordato quando ha iniziato ad occuparsi di sclerodermia, sei anni fa: “Ora lo studio si concentra maggiormente sulle forme precoci della malattia e sul coinvolgimento d’organo. Gli strumenti per poter fare screening ci sono, si sta cercando di affinarli sempre di più”. Oggi però c’è un altro rischio, ha aggiunto Vicenzi: “La medicina può diventare troppo tecnologica. La tecnologia ci salva, ma fa sì pure che gli operatori siano sempre più distanti dal paziente. I giovani spesso si affidano a un dato senza essere in grado di spiegare al paziente cosa vuol dire quel numero, il malato così rimane solo davanti ad una comunicazione sterile. Agli studenti ricordo sempre che siamo noi a dover facilitare la relazione col paziente e la sua comprensione”.

Dal canto suo Antonella Celano, presidente Apmarr, (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare), in videocollegamento, ha illustrato l’impegno della sua associazione che ogni due anni eroga borse di studio per i giovani pediatri che si sono distinti con studi sulla sclerodermia pediatrica: “I pazienti vogliono arrivare ad una diagnosi precoce – ha raccontato – ma questo non è sempre semplice. I sintomi vanno riconosciuti tempestivamente, invece spesso sentiamo parlare ancora di geloni. Ci sono poi le cure che non sono erogate in modo uniforme, non c’è equità di accesso a volte anche all’interno della stessa Regione, con differenze tra Asl e Asl. A volte si fanno gare su un device per risparmiare 30 centesimi, ma al tempo stesso si peggiora la qualità di vita del paziente. Oggi per esempio ci sono degli infusori che facilano la vita dei malati, sarebbe il caso che le Regioni si occupassero dell’erogazione della cura correlata ad una buona qualità di vita. Speriamo che la patologia possa avere un percorso delineato nelle Regioni – ha concluso – e che si tengano conto delle esigenze specifiche dei pazienti. L’ideale sarebbe avere lo psicologo al momento della diagnosi”.

Paola Canziani, presidente del GILS (Gruppo italiano per la lotta alla sclerodermia), ha sottolineato come sia importante “anche una comunicazione supportata dalle basi scientifiche. Purtroppo si trova di tutto su internet ma quella è una comunicazione non filtrata dalla pratica dei nostri medici. La nostra organizzazione raccoglie invece le istanze dei pazienti per creare un percorso condiviso”. Chiare le richieste: “Servono molti specialisti, che dovrebbero lavorare in equipe. Sarebbe bello se nelle singole Regioni ci fosse un percorso condiviso, con una rete che lavora in un team operativo. Serve poi vicinanza alle persone, noi forniamo supporto psicologico ma è utile anche la semplice vicinanza”. C’è infatti anche un problema estetico che investe il paziente. “Spesso rileviamo solitudine e senso di abbandono nel paziente – ha spiegato Canziani – a volte è molto difficile gestire la malattia visto che crea grandi danni dal punto di vista estetico. Siccome colpisce di più le donne e viviamo in un mondo che cura sempre più l’immagine, la patologia può produrre effetti devastanti sulla psicologia delle pazienti”.

Per Paola Bocciarelli, segretaria AILS (Associazione italiana lotta alla sclerodermia), la formazione del medico generale è “il primo step per dare equilibrio psicologico al paziente. Nella forma giovanile si evidenzia la necessità di prendere in carico tutta la famiglia, questo è un valore aggiunto per il paziente. Credo che ora manchi l’ascolto da parte di medico e reumatologo. A volte il rapporto non è empatico ma invece ciò è fondamentale per capire davvero i bisogni dei pazienti, visto che la stessa terapia può non dare gli stessi risultati su tutti”.

Presente all’incontro anche Domenica Taruscio, ex direttore del Centro Nazionale Malattie Rare all’Istituto Superiore di Sanità. L’esperta ha sostenuto la necessità di avere “un team multidisciplinare, con visite e follow up di tutti gli organi nello stesso giorno e nello stesso luogo. Forse è il mondo dei sogni ma in qualche realtà si può fare”. E sulla formazione ha concluso: “Non esiste solo quella tecnologica: Ippocrate diceva che il paziente si ammala in relazione al suo ambiente e agli altri membri della sua comunità. Va quindi sempre considerata una persona che perde il suo stato di salute e a cui bisogna dare un nuovo equilibrio pur nel malessere che vive”. Una sfida anche per la medicina narrativa, che può rivelarsi preziosa per i pazienti con sclerodermia.

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