
Qualcuno lo chiama mal d’Africa, qualcun altro semplicemente amore. Fatto sta che il Continente Nero affascina ancora molti per la emozioni e le sensazioni che suscita per chi ci vive o anche ci va solo una volta nella vita. Ed ovviamente tra chi se ne innamora c’è anche chi come Alessandro e Chiara Nesti, brillante coppia di Firenze da sempre attiva nel fronte sociale pur avendo propri impegni di lavoro di grande livello, che assieme al lavoro di una associazione ManzAid, ha voluto lasciare il segno, oltre che il cuore, in una parte di questa terra d’Africa.
Stiamo parlando dello Zimbabwe dove proprio recentemente sono stati inaugurati quattro ambulatori pediatrici ManzAid, uno dei quali dedicato proprio al papà di Chiara. “Siamo una associazione umanitaria fiorentina fondata nel 2018 – afferma il presidente Stefano Manzini -, che opera nella Cooperazione allo Sviluppo con progetti per Salute ed Educazione d’Infanzia e Gioventù nelle aree più povere e svantaggiate del Mondo. In pochi anni siamo riusciti a dare assistenza didattica ad oltre 4.000 alunni e assistenza medica a quasi 70.000 bambini e ragazzi. Operiamo prevalentemente in Africa, e più precisamente in Zimbabwe, Burkina Faso, Ciad, Senegal e Etiopia. Con Chiara e Alessandro abbiamo avuto il grande dono di condividere un’esperienza unica e autentica insieme ai nostri fratelli africani. Eventi salienti le cerimonie di inaugurazione dei quattro ambulatori pediatrici realizzati presso gli ospedali missionari di St. Michael’s (questo adottato proprio da Chiara e Alessandro), Avila, St. Andrew’s e TriasHill (tutti in zone rurali della regione di Mutare, al confine tra Zimbabwe e Mozambico). Le inaugurazioni sono state vere feste di popolo in un clima straordinario di amicizia e collaborazione. Messe, canti, danze, rappresentazioni teatrali, poemi. Ma soprattutto i sorrisi dei bambini e l’orgoglio di tutta la comunità di avere realizzato i più belli ambulatori pediatrici del paese”!
ManzAid è una bella realtà, rappresenta un ponte di fatti concreti tra l’Italia e l’Africa, anzi meglio tra Firenze e l’Africa. Una storia di amicizia come ci racconta Stefano Manzini raccontandoci l’inizio di questa avventura.
“Era il 2017. Da più di quaranta anni lavoravo nell’R&D di una importante azienda farmaceutica fiorentina – racconta Stefano -. Quaranta anni di soddisfazioni e di traguardi. I tempi per andare in pensione erano maturi. Ma non per passare ad una vita di panchine e di riposo, bensì per aprire una nuova pagina della mia vita. Quella dell’aiuto solidale e gratuito verso i più svantaggiati. Nacque così l’idea di fondare un’associazione umanitaria. Non doveva però essere una impresa egoista e solitaria che riguardasse solo me ed il mio futuro. Fu chiaro da subito che a fondare l’associazione e ad iniziare questa avventura doveva essere un gruppo di amici e conoscenti da una vita. Persone con cui avevo condiviso decenni di avventure, viaggi e scoperte sempre all’insegna della curiosità per l’altro, dell’autoironia e della generosità verso il prossimo. Già da tempo ci eravamo autonominati ‘I Manzonauti’, viaggiatori per un mondo più equo e più felice. Il nome della nascente associazione fu così presto scelto, si sarebbe chiamata ManzAid. Manz come ‘Manzonauti’ la nostra origine e la nostra specificità. Aid come ‘Aiuto’, semplicemente il nostro scopo.
E così, il 22 Marzo del 2018, andammo dal notaio. Una delegazione di sei persone a nome di tutta la comunità dei Manzonauti. E la storia iniziò.
Radici, principi ed ideali
Prima ancora di andare dal notaio cominciammo a ragionare su cosa volevamo essere e cosa volevamo realizzare. Quali erano le nostre radici culturali da cui far germogliare la nostra storia. Quale lo scopo, quali gli obiettivi da perseguire. E soprattutto quali gli ideali etici ed i principi di riferimento che ci dovevano guidare.
Per quanto riguarda le radici culturali le idee erano chiarissime, una sola parola: Firenze. La Firenze solidale dei LaPira, di Ernesto Balducci, dei Don Cuba e dei Don Mazzi. Ma anche la Firenze rinascimentale del gusto del bello. E pure la Firenze di Amici Miei col suo spirito autoironico, dissacrante, graffiante e disincantato.
Anche lo scopo fu facile da definire. Volevamo riservare il nostro aiuto ed il nostro servizio alle aree del mondo più povere e disgraziate. E volevamo aiutare primariamente i bambini e gli adolescenti senza distinzione di genere, etnia o religione. Volevamo inoltre agire nei settori in cui eravamo, per pregresse esperienze professionali, più esperti e ferrati e quindi Salute ed Educazione. Ecco pronta la ‘mission’ per Manzaid: “Salute ed Educazione per Infanzia e Gioventù nelle aree più svantaggiate del mondo”.
Sugli obiettivi avevamo le idee un po’ più confuse. Ma di una cosa eravamo assolutamente convinti: dovevano essere esclusivamente atti concreti, realizzazioni tangibili per lo sviluppo e la crescita delle nuove generazioni.
La definizione dei principi ideali di riferimento è stato un processo più lungo che è andato di pari passo anche con la nostra maturazione e consapevolezza di quanto stavamo e potevamo fare. I nostri ideali dovevano essere forti e solidi come pietre di un bugnato rinascimentale e dovevano rappresentare una guida sicura per ogni atto dell’associazione. Le prime pietre angolari a fondamento del nostro edificio erano evidenti: Amicizia Sociale e Generosità sempre e comunque. Verso tutti quelli in sofferenza, bisognosi di aiuto e supporto. Subito sopra ci abbiamo messo un altro bel pietrone, non banale e non usato da tutti: la Concretezza. Fatti non parole ! Progetti che possano cambiare in meglio la vita ed il futuro di migliaia di bambini. Libri, strumentazioni mediche, quaderni, farmaci, computer, strumenti musicali, scuole, ambulatori. Cose e ambienti da toccare, da vivere, da usare.
Un altro mattone fondamentale: il volontariato. In ManzAid tutto è opera del
libero, volontario e gratuito agire dei suoi soci e membri. Abbiamo zero dipendenti, zero consulenti, zero compensi agli amministratori, zero rimborsi spese, zero affitti e bollette. Dalla gratuità del nostro operare discende una formidabile efficienza operativa. Dal bilancio 2022 risulta che il 94 % delle donazioni che abbiamo ricevuto si è trasformato in atti concreti per i bambini e i ragazzi che abbiamo aiutato. Nel nostro bilancio è un obbligo che le spese di struttura siano un’inezia.
Salendo nel muro dei nostri principi si trovano poi quelli relativi al come porsi con le comunità oggetto dei nostri progetti. Prima di tutto Ascolto, Condivisione e Rispetto. Ogni aspetto, seppur minimo, dei progetti deve essere condiviso, discusso e scelto con le comunità locali. Loro sono i proprietari di quanto realizzato, loro sono i veri protagonisti (prima, durante e dopo) dei progetti ManzAid. Mai una singola decisione è stata calata dall’alto. Ogni richiesta deve nascere dalle loro esigenze e noi dobbiamo essere pronti ad ascoltare. La nostra azione deve essere semplicemente tesa a cooperare per fornire strumenti e luoghi per iniziare percorsi di salute e di educazione. Aiutiamo ad accendere un fuoco, non gettiamo secchiate d’acqua in mare. Questa la differenza tra assistenzialismo neocolonialista ed efficace cooperazione allo sviluppo. L’assistenzialismo crea solo dipendenza, una cooperazione efficace fa invece partire un processo virtuoso. E poi mai dimenticare il Rispetto per le loro culture. Bisogna approcciarsi con attenzione e interesse per le diversità culturali, che come tutte le diversità sono da percepire come un valore che ti arricchisce e non come fonte di paure.
Infine l’ultimo pietrone da porre in cima al nostro muro ideale: la Sostenibilità.
Sostenibilità nel senso di privilegiare il riuso di edifici, spazi e luoghi senza nuove costruzioni. Sostenibilità ambientale con la realizzazione di aree verdi e impianti fotovoltaici. E poi, soprattutto, sostenibilità a lungo termine dei nostri progetti che devono essere disegnati, realizzati e gestiti per durare moltissimi anni.
I fatti – Salute
All’inizio fu semplicemente l’invio all’ospedale missionario del St. Albert’s di una piccola strumentazione medica per neonati prematuri. La richiesta ci era giunta da Julia Musariri, una formidabile donna che avevamo conosciuto e che è poi diventata la nostra referente in Zimbabwe. Laureata in medicina alla Sapienza a Roma era subito tornata nel suo Paese perchè sentiva forte la missione di aiutare la sua gente. È poi diventata direttore dell’ospedale missionario del St. Albert’s ed anche responsabile per la sanità della Caritas Zimbabwe. Per rispondere alla sua domanda di aiuto eravamo totalmente sprovveduti. Talmente naif da ordinare la strumentazione su e-Bay. Lo strumento arrivò dalla Cina e fu subito bloccato alla dogana dell’aeroporto di Pisa. Per entrare in Italia erano richieste autorizzazioni e certificazioni di cui eravamo ignari e per noi impossibili da ottemperare. Furono settimane di telefonate, whatsapp, mail con spedizionieri e autorità doganali. Un delirio ed un intreccio inestricabile. Alla fine, dietro esortazioni e implorazioni, riuscimmo a trovare la soluzione. La strumentazione non entrò mai in Italia, ma fu rimbalzata prima in Germania, poi in Sud Africa ed infine arrivò in Zimbabwe. A prezzo di notevoli costi sia monetari che di ansia e preoccupazioni. Ma che commozione e che gioia quando arrivò la foto del primo neonato che aveva avuta salva la vita grazie a quella strumentazione ! Pensammo di aver toccato il cielo con un dito. Ma era solo l’inizio.
Il vero salto nella nostra attività si realizzò ad aprile 2019, quando realizzammo il primo ambulatorio ManzAid nella martoriata Aleppo in Siria. Tutto nacque dalla conoscenza, mediata da Renato Burigana della Fondazione Giovanni Paolo II, di Abouna Firas, il capo dei francescani ad Aleppo. Una persona magnifica, metà santo e metà manager. Decidemmo una impresa folle: realizzare ad Aleppo Est (l’area dove erano asserragliati i fondamentalisti e che era stata letteralmente spianata dall’aviazione russa) un piccolo pronto soccorso e ambulatorio per bambini. Spedimmo alcune centinaia di chili di arredi e strumentazioni per via aerea. E poi partimmo, io e mio padre, con quattro valige ricolme di medicinali e materiali sanitari. Volo da Roma a Beirut e poi in auto fino ad Aleppo. Un viaggio nella distruzione ed in una disumanità sempre più atroce. Trentacinque posti di blocco prima di arrivare nella devastata cittta’ di Aleppo. Il fronte dei combattimenti si era spostato da un paio di mesi qualche chilometro più a nord. Aleppo, la bellissima Aleppo, era per lo più un cumulo di macerie che però si alternavano a quartieri dove forte stava riprendendo la voglia di futuro e di rinascita. Il convento francescano, lì da 800 anni, era l’unica area di calore umano in tutta la città. Aperto a tutti. Con un piccolo bus, insieme ad Abouna Firas ed alcuni francescani, ci recammo nel quartiere di Al Shaar in Aleppo Est. Una sequenza ininterrotta di macerie e distruzione e per le strade solo donne, bambini e anziani. Gli uomini spariti, uccisi, deportati, arrestati, scappati. In una piccola palazzina, presa in affitto dai francescani per farci un centro di assistenza sociale, in un paio d’ore abbiamo rapidamente trasformato una stanza in un piccolo, ma dignitoso, ambulatorio per bambini. Subito inaugurato da una piccola folla di madri e bambini mussulmani che ci guardavano con sguardi increduli. Ho sempre negli orecchi quanto mi disse la donna più autorevole del gruppo delle madri: “ Grazie per aver dato ai nostri figli la speranza che possa esistere un mondo migliore”. Un’esperienza indimenticabile che mi ha segnato nel profondo. Realizzai che con poco era possibile incidere veramente su realtà così disperate e cambiare in meglio il futuro delle nuove generazioni. Nei mesi successivi rimuginai a lungo su quella esperienza e proposi quindi all’associazione un progetto molto ambizioso: ‘We have a dream 15x5x5’. Realizzare 15 ambulatori pediatrici in aree povere e svantaggiate di 5 Paesi, nel giro di 5 anni (dal 2020 al 2025). Dovevano essere degli ambulatori pediatrici luminosi, colorati e a misura di bambino, con un decoro unico e riconoscibile, dotati di un corredo ‘state of the art’ di strumentazioni e arredi ed energeticamente indipendenti (con un proprio sistema fotovoltaico). Inoltre non dovevano essere nuovi edifici, ma bensí ristrutturazioni di locali abbandonati o sottoutilizzati di vecchi ospedali missionari o dispensari. Infine dovevano essere al servizio di comunità rurali prive di servizi di assistenza sanitaria e aperti a tutti. Molti mi presero per pazzo ed esaltato. I soci dell’associazione invece mi seguirono. E questa nuova avventura iniziö. Con l’aiuto di alcuni architetti nostri sostenitori fu realizzato un ‘concept design’ di base e furono definite le caratteristiche peculiari che tutti gli ambulatori avrebbero dovuto avere. Fu poi definito e firmato un ‘Protocollo d’intesa’ con le autorità locali (in genere il vescovo della Diocesi) che stabiliva diritti e doveri delle due parti. In breve Manzaid si impegnava a pagare interamente tutte le opere di ristrutturazione e ad inviare strumentazioni, arredi, sistema PV, farmaci e materiali sanitari. La comunita’ locale invece si impegnava a dare la disponibilita’ degli ambienti e del personale (in numero e professionalità adeguate) e a garantire la manutezione ordinaria. Un patto tra uguali. Decidemmo di iniziare dallo Zimbabwe, là dove avevamo il contatto giusto: Julia Musariri. Insieme a Julia ci mettemmo a scrivere il progetto. Fu lei ad indicare le localita’ dove c’era più bisogno, gli ospedali missionari più adatti, le necessità prioritarie di assistenza medica. Decidemmo di partire forte: quattro ambulatori pediatrici presso gli ospedali missionari di St. Albert’s, MaryMount, Chitsungo e St. Rupert’s nella regione di Chinoyi nel nord-est dello Zimbabwe. Scritto il progetto lo inviammo alla Conferenza Episcopale Italiana nell’ambito del suo programma di utilizzo dell’8×1.000 per finanziare progetti in aiuto alle comunità di Paesi svantaggiati. Grande il nostro stupore e la nostra gioia quando, dopo poche settimane, ricevemmo la notizia che il nostro progetto era stato approvato e finanziato per oltre il 70 %. Sembrava impossibile che la C.E.I. decidesse di contribuire al progetto di una associazione piccola, sconosciuta e laica. E invece…….
Il progetto entrò nella fase esecutiva a dicembre 2020 (ancora in pieno periodo Covid), ma già a Novembre 2021 ci recammo in Zimbabwe per le inaugurazioni. Erano quattro ambulatori magnifici, realizzati splendidamente dalle imprese edili locali. Nei villaggi l’atmosfera era incredibile, si percepiva nell’aria la gioia e l’orgoglio delle comunità locali per i loro nuovi ambulatori pediatrici (unici in tutta la regione). E che feste di popolo, fantasiose e commoventi, furono organizzate per le loro inaugurazioni! Canti, balli, rappresentazioni teatrali, messe. Noi con loro, uniti nella sensazione meravigliosa di avere fatto qualcosa di utile e importante.
Poi, seguendo sempre lo stesso schema, nel 2022 abbiamo realizzato un ambulatorio pediatrico con piccola maternità nell’ex dispensario del villaggio di Sikilo in Senegal. E poi nel 2023 altri quattro ambulatori pediatrici nella regione di Mutare in Zimbabwe ed un presidio medico ambulatoriale a Nanoro in Burkina Faso. E non finisce qui, per il 2024 sono gia’ in programma un Centro per il Contrasto alla Malnutrizione Infantile a Bodo in Ciad ed un presidio medico pediatrico a Luvuvamu nella Repubblica Democratica del Congo. Cosí arriveremo a 14 ed il nostro pazzo e folle sogno del 15x5x5 sarà quasi completamente realizzato !
I fatti – Educazione
Analogamente a quanto fatto in ambito sanitario, il nostro impegno in ambito educativo ha avuto
un percorso caratterizzato da una costante crescita nel numero e nella qualità degli interventi. Sempre in totale condivisione e co- responsabilizzazione con le comunità locali.
Abbiamo fin dall’inizio identificato tre aree prioritarie d’azione: informatica, sport e musica. Tre ambiti cosí universali da poter portare rapidamente gli alunni africani al livello dei loro coetanei europei.
Nei primi anni abbiamo inviato semplice materiale didattico: quaderni, libri, matite, righelli etc. Poi abbiamo cominciato ad inviare anche materiali informatici: computer, stampanti, proiettori, software. Poi abbigliamento e attrezzi per lo sport e l’attività fisica. Poi abbiamo fornito strumenti musicali tradizionali (in genere a percussione) acquistati localmente.
Dal 2022 c’è stata una accelerazione e abbiamo iniziato ad intervenire sugli edifici scolastici. A febbraio 22 abbiamo realizzato un forum all’aperto per basket e volley per gli oltre 800 studenti della scuola St. Joseph di Saàba in Burkina Faso. Poi abbiamo completamente ristrutturato la scuola primaria del piccolo villaggio di Iwol in Senegal: un edificio fatiscente con metà tetto e senza infissi trasformato nella più bella scuolina della regione. È poi stata la volta della realizzazione di un’area giochi per i bambini dell’asilo CEEP di Ouagadougou (Burkina Faso). A gennaio 2023 siamo passati a progetti per adolescenti e ragazzi, in collaborazione con le Suore Francescane Alcantarine è stato aperto a Doba in Ciad un Centro di Formazione Informatica per Giovani di Doba in Ciad. Ad aprile 2023 e’ stato poi inaugurato un auditorium per musica e convegni sempre al St. Joseph di Saàba. È stato realizzato in soli tre mesi, partendo dalle fondamenta ! una struttura splendida e funzionale con una sala da oltre 150 posti. Alle pareti foto e immagini di Firenze, della Toscana e del Burkina Faso in un abbraccio ideale tra le due comunita’. A novembre 2023 è stata attivata la prima borsa di studio ManzAid per studenti universitari e a gennaio 24 inizierà il primo corso di musica per bambini presso l’auditorium del St. Joseph. Una cavalcata tumultuosa che non abbiamo nessuna intenzione d’interrompere. Difatti tanto altro è in programma per i prossimi anni in svariati Paesi africani.
Un nuovo modello di relazioni Firenze CON l’Africa
Penso che si possano trarre molti insegnamenti dalla storia di ManzAid, per molti versi incredibile e straordinaria.
Prima di tutto che ‘Si può fare’. È possibile incidere su realta’ cosí disastrate e svantaggiate. È possibile donare a migliaia di ragazzi e bambini gli strumenti per un futuro di salute, educazione e felicità. Non c’è bisogno di budget stratosferici né di organizzazioni ipercomplesse. La nostra storia dimostra che anche un piccolo gruppo di amici dotati di entusiasmo sconfinato, determinazione ferrea ed idee chiarissime può realizzare progetti che cambiano le prospettive di futuro di intere comunità. In pochi anni siamo riusciti a dare assistenza didattica ad oltre 4.000 alunni e assistenza medica a quasi 60.000 bimbi e ragazzi.
Secondo insegnamento è che è possibile un nuovo e diverso paradigma di cooperazione con le realtà africane. Tutto deve partire dalla regola delle tre CO: COndivisione, COllaborazione e COresponsabilizzazione. Le comunita’ locali devono essere i motori, i gestori e i proprietari dei progetti. A noi il compito di cooperare e coadiuvare dando gli strumenti e fornendo i supporti economici e tecnologici. Ma alla fine ambulatori e scuole sono loro e solo loro. Loro e’ il personale, loro la proprieta’, loro anche la responsabilita’ di curare, mantenere e sviluppare quanto realizzato.
Altro insegnamento è quello di iniziare qualunque progetto dall’ascolto. Tutto deve partire dal recepire le effettive necessità e criticità delle comunità locali. E tutto deve essere poi realizzato in conformità e nel rispetto della loro cultura e tradizioni. Mai cadere nel tranello di voler imporre delle soluzioni solo perchè a noi piacciono o sono in linea con i nostri usi e le nostre aspettative. È grazie a questo approccio che i nostri ambulatori e le nostre scuole sono percepiti localmente come veri e propri centri di riferimento per l’educazione e la salute di intere regioni. Abbiamo poi imparato che un punto imprescindibile è quello della Sostenibilità. È questa la discriminante tra buoni e pessimi progetti di solidarietà. Un efficace progetto di cooperazione deve essere disegnato, realizzato e poi gestito per durare a lungo nel tempo. Deve essere l’inizio di una storia non un semplice fine.
In conclusione pensiamo, con molta umiltà, che la nostra storia possa fornire qualche spunto per nuove forme di cooperazione allo sviluppo, vincenti ed efficaci, con le popolazioni dei Paesi più poveri e svantaggiati. È per noi una gioia immensa pensare che la nostra esperienza, originata nel solco della Firenze di LaPira e di Ernesto Balducci, possa essere fermento e nutrimento per nuove rilevanti storie di amicizia sociale”.


