
Una volta i genitori erano di esempio… Oggi è il contrario. Il sorriso di un bambino mentre gioca a calcio può essere interrotto solo da un disastro, da una catastrofe. E se gli autori di tale pazzia fossero proprio i genitori, beh allora ci sarebbe da farsi più di una domanda. Così, accade che l’Us Psg Calcio, club dilettantistico torinese, si è visto costretto ad interrompere la partita dei Pulcini (classe 2010) con il San Giacomo Chieri e preparare un esposto alla Figc. Il motivo? Insulti all’arbitro e ad una mamma, fino quasi ad arrivare alle vie di fatto. Ricordiamo: i giocatori in campo hanno 9 anni. Questo è quanto accade sul campo di Pino Torinese che scatena le proteste dei genitori: un presunto rigore non assegnato da un dirigente che arbitra il match. La situazione si fa subito calda sugli spalti e una mamma rischia addirittura l’aggressione. “Mai era successo che piovessero insulti così pesanti”, dice Carlo Cucco, il mister dell’Us Psg Calcio. Solitamente sono i genitori dei bambini in campo che superano il limite. Ma a 9 anni i piccoli possono essere influenzati e dimenticare le regole del fair play. Così succede che un bimbo dell’Us Psg Calcio dopo aver subito un brutto fallo, è andato verso il suo allenatore e in lacrime ha chiesto di uscire, perché non voleva più giocare, non ne aveva più voglia, aveva paura! A quel punto il tecnico Cucco dei padroni di casa ha deciso di interrompere il gioco e far uscire i bambini dal campo. Fortunatamente era in perfetta sintonia con lui anche l’allenatore del San Giacomo Chieri, che ha provveduto a lasciare il campo con la sua squadra. Ma un dirigente della formazione ospite ha manifestato animatamente il suo dissenso, tanto da rifiutarsi di stilare e firmare un resoconto condiviso dei fatti da allegare al referto di gara. Anzi. Ha parlato di «emerita cafonata», di «porcheria», evitando il dialogo con gli altri dirigenti. Comunque l’Us Psg Calcio ha presentato un esposto alla Federazione, tanto per stigmatizzare il comportamento degli adulti, al cospetto di bimbi che frequentano le scuole elementari, che hanno tutto da imparare, ma forse, e diciamo forse, non da loro.




