“Sei una schifezza, ti butto giù”. Orrore a Napoli

Emergono nuovi risvolti nell’indagine sulla morte del piccolo Samuele a Napoli: tutti gli indizi portano a Mariano Cannio, il domestico di casa Gargiulo, fermato dalle Forze dell’Ordine in attesa di confermare i sospetti. Nelle ultime ore sembra si stia arrivando a maggiori certezze, soprattutto a causa di un video postato su Tiktok, nota piattaforma social, in cui il piccolo Samuele dice in napoletano «io ti butto giù perché sei una schifezza». Gli inquirenti (e l’opinione pubblica tutta) pensano che una frase così un bambino di tre anni possa ripeterla solo per averla sentita da qualcun altro, non conoscendone il significato; forse, proprio da Mariano. Intanto il papà di Samuele si ferma spesso per ore davanti al portone di casa, circondato dai fiori e dai pupazzetti che soffocano il punto in cui il bambino è caduto, e stringendo al petto una maglietta del figlio ripete: «Perché me l’hai ucciso? Perché?». Una domanda a cui gli investigatori stanno tentando di dare una risposta. Intanto lo stesso Mariano, che ha ammesso di aver portato in braccio sul balcone il bimbo, dice di non ricordare cosa sia successo, ma di non averlo buttato giù. Ora il tribunale dei social va in una unica direzione: Samuele quelle frasi le aveva sentite da chi poi lo ha veramente ucciso. Forse quelle parole che ha ripetuto su Tiktok erano una minaccia rivolta a lui che, così piccolo, non percepiva ma ripeteva. Ipotesi, queste, che non sono da escludere. Resta da chiarire chi ha registrato e postato quelle immagini: anche perché un adulto avrebbe dovuto invece percepire la gravità di quelle parole, anche se nel video Samuele indossa un pigiamone di pile, e qualche metro dietro di lui sembra evidente un cappellino rosso di quelli natalizi. Praticamente la registrazione risalirebbe a otto o nove mesi fa e quindi il collegamento non è automatico con la tragedia di casa Gargiulo. Ma resta un tuffo al cuore guardare quel video, vedere Samuele parlare e sapere che ora non c’è più. 191021
